Mi chiamo Anna Vit e abito da sempre nell’incantevole borgo di Sesto al Reghena, al confine tra Friuli e Veneto.

Scrivo perché vorrei condividere con voi brevemente la mia piccola, ma molto significativa esperienza con Missione Tau.

Tutto iniziò diversi anni fa, quando decisi di adottare un bimbo a distanza attraverso una onlus internazionale.
Se ne sentono tante sulle adozioni a distanza, e qualche dubbio mi era sorto sulla reale destinazione dei soldi che venivano richiesti. Non mi interessava versare del denaro per mettermi la coscienza in pace, volevo che, quel poco, arrivasse alle persone giuste e nel modo giusto.
Posso dire, pur nelle vicissitudini che compongono una qualunque delle nostre vite, di essere stata molto fortunata in questo mondo, e per questo sentivo il desiderio di compiere almeno un piccolo gesto per chi non lo è altrettanto.
Ho avuto la fortuna nel 2009 di incontrare Sabrina, presidente e fondatrice di Missione Tau, che già conoscevo e ammiravo da quando eravamo bambine, e grazie a lei mi si è presentata l’opportunità di toccare con mano un mondo a me allora totalmente sconosciuto.
Ci volle poco, mi fece subito incontrare con Suor Rita, missionaria in Africa da oltre quarant’anni, che “casualmente” era in visita in Italia. Anche se credo che nulla avvenga per caso.
Volevo partire, non sapevo nulla, ma volevo andare a vedere con i miei occhi. Temevo però che mi venissero richieste abilità particolari che effettivamente non ho. Appena mi trovai al cospetto di Suor Rita, molto spicciamente come nel suo stile di donna pratica e diretta, mi chiese: Hai il passaporto? Sì. E la seconda, nonché ultima richiesta, fu: hai paura della strada?
Ma… che strana domanda…!
No, non ho paura della strada, risposi dubbiosa.
Poi capii.
Partimmo dall’aeroporto di Venezia e arrivammo in Cameroun. Da lì iniziò il vero viaggio.
650 km in auto, di cui 430 di sola foresta. Null’altro. Impiegammo cinque giorni e quattro notti, nelle quali mangiavamo sardine in scatola, facevamo pipì nel “bagno grande” (la foresta) e dormivamo in macchina, rimanendo bloccati ad ogni piè sospinto a causa del terreno fangoso, dei grossi buchi pieni d’acqua o delle sterpaglie che chiudevano la pista.
L’obiettivo era la meravigliosa Sembe, piccola missione nel cuore verde del Congo Brazzaville.
A Sembe non c’era apparentemente nulla. Ma solo dopo averla vissuta realizzai che c’era davvero tutto.
A Sembe c’è l’Amore. L’Amore di persone che spendono la loro vita aiutando gli altri, di persone che non hanno paura di dare se stesse, di impiegare la loro fatica fisica, mentale e interiore, per il bene degli altri. A Sembe ci sono i bambini, quelli che ce la fanno, perché fame, malaria e AIDS non guardano in faccia a nessuno. Ma è proprio nei loro sorrisi e nei loro occhi, nei loro abbracci sporchi di terra e di qualsiasi cosa, che percepisci la grande bellezza e verità della nostra esistenza.
Un dono. Un grande dono che ho ricevuto, che non ha paragoni. Ancora una volta sono stata fortunata.
Io che credevo di poter fare qualcosa per gli altri, mi sono resa conto invece di essere tornata da quel viaggio con una grande ricchezza in più. Una possibilità straordinaria, di capire il senso della vita, di apprezzarla ogni giorno, e di poter crescere interiormente allargando l’anima. Di poter prendere le distanze dalle nostre piccolezze di tutti i giorni, che a volte, stupidamente, ci sembrano insormontabili.
Quest’ultima a gennaio 2019 è stata la mia terza esperienza in Africa con Missione Tau.
Con il passare del tempo ho visto davvero con i miei occhi i risultati degli sforzi compiuti, grazie anche alle donazioni e alla generosità delle persone di qui.
Ho visto il piccolo ospedale delle suore diventare dal nulla un dignitoso centro, pulito, sicuro, ormai punto di riferimento per la popolazione locale e non solo, all’inizio titubante, affidata ai santoni e alla medicina tradizionale fatta di intrugli e riti.
Ho visto il progresso con le scuole, ho percepito un cambiamento nell’istruzione dei bambini. Oggi parlano anche un po’ di inglese. Non è scontato per una popolazione che viveva e vive nella foresta, che si ciba di frutti selvatici o, quando va bene, di caccia con l’arco, che vive nei mungulu, capanne tondeggianti fatte unicamente di foglie e rami, e che dorme stesa sulla terra.
Ho visto il progredire del lavoro dei volontari con i pannelli solari a sostegno di tutta la struttura ospedaliera. Persone con un proprio lavoro a casa, una famiglia, i propri problemi di tutti i giorni, ma che da anni spendono il proprio tempo e le energie per un progetto che non ha tornaconto. Non nelle tasche.
Ho visto la vera Fede in Dio, quella che fa compiere azioni grandi, quella che, anche ammesso che tu non ce l’abbia, ti fa guardare con meraviglia a chi la prova e ci crede davvero.
Ho visto la gratitudine della gente, che forse noi abbiamo un po’ perso.
Ho provato la malaria, e ho provato la sensazione di avere bisogno degli altri, e la meraviglia di trovare aiuto incondizionato, di ricevere, proprio da chi ero andata ad aiutare.
Ricordo una frase di Romano Battaglia, noto giornalista e scrittore italiano contemporaneo:  “Anche se ciò che puoi fare è soltanto una piccola goccia nel mare, può darsi che sia proprio quella a dare significato alla tua esistenza”.
E vorrei lasciarvi con una citazione di Madre Teresa. Anche lei afferma qualcosa di simile, che vale certo per tutti noi: “Sappiamo bene che ciò che facciamo non è che una goccia nell‘oceano. Ma se questa goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe.
Grazie Missione Tau.

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